Le Tuamotu – Raroia

 

Poco meno di 3 giorni per raggiungere l’arcipelago delle Tuamotu da Nuku Hiva. 460 miglia, tre giorni di bolina scomoda, con un vento che si rivela essere più intenso di quanto previsto, groppi, nuvole e sbattimento, tre giorni il cui ricordo viene spazzato via il preciso momento in cui attraversiamo la pass del primo atollo di questo arcipelago e entriamo nella laguna di Raroia. OK, per noi il paradiso può attendere qualche centinaio di anni Smile
 
La maggior parte delle barche in transito per le Tuamotu non segue una rotta così a est dell’arcipelago perché il vento predominante è un Est Sud-Est che, come avete letto dalla nostra esperienza, rende la navigazione scomoda.
 
La conseguenza è chiara: Raroia è frequentata da pochissimi, un atollo tutto o quasi per noi. L’idea stessa del Sud Pacifico nell’imaginario collettivo è tutta racchiusa in questo anello corallino piazzato lì, nel blu cobalto dell’oceano.
 
Hoa di Raroia, ancoraggio a Est - Tuamotu
 
A parte il mini-villaggio all’ingresso della pass in cui è possibile trovare il basico (c’è l’ufficio postale!), qui non c’è altro se non un allevamento di perle. Motu, spiagge coralline bianche o rosate, acqua dai colori impossibili da descrivere, hoa (gli hoa sono delle specie di “fiumi”, aperture nella barriera corallina esterna, che fanno fluire l’acqua dell’oceano all’interno o all’esterno della laguna a seconda della marea) in cui l’acqua scorre e assume sfumature impensabili. Dune di sabbia che creano piscine naturali, squali pinna nera che nuotano in 5 cm di acqua, così numerosi e curiosi che te li ritrovi praticamente dappertutto. All’inizio è inquietante vedere queste forme scure che si avvicinano e ti osservano le caviglie, poi ci fai l’abitudine Smile Aquile di mare, pesci coloratissimi. Palme da cocco altissime, coralli vivi dai mille colori e niente altro.
 
Ancoraggio ad Est di Raroia - Tuamotu
 
Non c’è internet se non vicino al villaggio, gli approvvigionamenti arrivano via nave ogni tot Smile
Il nostro primo ancoraggio si trova a Est di Raroia, ad un paio di miglia a sud del famoso motu dedicato all’atterraggio della zattera Kon Tiki, vicino alla Ferme Perlier gestita da Jiji di cui parliamo più avanti.
 
Le coordinate sono 16°06,349’ S; 142°22,773’ W.
 
Y2K - ancoraggio Est di Raroia
 
Dopo un mese trascorso a rollare nelle baie delle Marchesi e ancora prima a Panama, ci sembra un sogno. Barca immobile, acqua ferma, leggerissimo brandeggio destra/sinistra. Una serie infinita di motu davanti a noi ci proteggono dal vento e dalle onde del Pacifico. Qualche testa di corallo, ma non troppe da dar fastidio alla catena. Riusciamo a filare l’ancora in una zona libera, su una distesa di sabbia. Siamo con gli amici del “Meccetroy”, Diego e Marina e con “Anthea”, Kim, Mark e i loro ragazzi Anson e Devon.
 
Dopo una ronfata imperiale, ce ne andiamo in esplorazione dei motu e degli hoa. Camminiamo sulla spiaggia o sul bagnasciuga e le vibrazioni causate dai nostri piedi attirano i numerosi soliti squaletti pinna nera che pattugliano in continuazione le sponde. Pare che Raroia rappresenti una specie di “nursery” per questi squali. Qui gli adulti depongono le uova, i piccoli nascono e cominciano a farsi “le ossa” in uno specchio acqueo tranquillo, senza pericoli per loro e ricchissimo di potenziali prede. Sono curiosissimi, si avvicinano per capire chi sei, a volte ce ne ritroviamo 5 o 6 che “scodinzolano” intorno a noi, ma sono anche innocui. Non si avvicinano più di tanto e se si corre verso di loro, scappano come fulmini.
 
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Ci sono gli esemplari più piccoli e quelli ormai cresciutelli di oltre un metro o un metro e mezzo. Nuotano in pochissimi centimetri di acqua e dopo un po’ ci si fa l’abitudine a vedere tutte le loro pinne dorsali che tagliano la superficie del mare. Poi sembra di essere in un acquario. Facciamo snorkeling vicino ad una delle grosse “patate” (grandi teste di corallo) che si trovano in mezzo alla laguna. Pur non essendo uno dei siti più belli per questa attività, vediamo davvero di tutto.
Il giorno successivo andiamo a trovare Jiji, con la speranza che ci permetta di visitare l’industria perlifera che dirige. Jiji è un donnone tutta sorrisi originaria della Nuova Caledonia. E’ felice di ospitarci e di mostrarci tutte le fasi necessarie affinché un’ostrica produca una delle famose perle nere. I dipendenti sono Tahitiani e Cinesi.
 
Le perle di Jiji - Raroia
 
i Cinesi sono quelli che svolgono il lavoro di “precisione”, cioè l’innesto nell’ostrica di una sfera di un materiale simile alla plastica, insieme ad un micro lembo di mantello prelevato da un’altra ostrica e che viene scelto per il particolare colore. Il mantello è infatti quello che stabilirà la sfumatura di colore della perla.
L’ostrica viene poi rimessa in mare dove rimane per almeno un anno. Nel frattempo l’animale ricopre la sfera innestata di madreperla per “difendersi” dal corpo estraneo.
 
Prelievo della perla da un ostrica - Raroia
 
I Cinesi hanno anche il compito di prelevare e controllare le perle dalle ostriche innestate in precedenza. Se la perla è di buona qualità, la stessa ostrica viene innestata una seconda volta. Un’ostrica può essere innestata per altre due volte.
Gli attrezzi utilizzati da questi uomini e donne assomigliano a dei veri e propri ferri chirurgici. L’intero processo è lungo e abbastanza laborioso e non crediamo che l’ostrica gradisca particolarmente Smile Ma il risultato finale è impressionante: perle bellissime dalle sfumature porpora, azzurre, verdi, gialle.
Restiamo nell’ancoraggio di Est per quattro giorni, poi il vento ruota un pochino più a NE e rinfresca, così decidiamo di spostarci e raggiungere l’ancoraggio più a Nord-Est di Raroia, super riparato perché proprio all’estremo angolo di Nord Est dell’atollo.
Ci muoviamo a motore facendo attenzione ai bassi fondali e alle teste di corallo affioranti. Utilizziamo le foto satellitari con l’applicazione OpenCPN, molto, molto precise. Anche le carte Navionics sono dettagliate e accurate. Tuttavia Ale è sempre a prua a controllare per evitare spiacevoli inconvenienti ed eventuali incontri ravvicinati con qualche “patata” non segnalata.
 
Verso l'ancoraggio di NE, si presta attenzione alle teste di corallo - Raroia
 
Alle 14:00 del 12 Giugno siamo ancorati in un luogo che per noi rimane fra i più belli in assoluto fino ad adesso. Un angolo spettacolare, riparatissimo, tranquillo. Poche teste di corallo, sabbia, acqua limpida.
 
Le coordinate sono 15° 57, 296’ S; 142° 19,001’ W.
 
Ancoraggio di NE - Raroia
 
Una vera e propria meraviglia. Alla nostra sinistra una serie infinita di hoa e dune di sabbia in cui perdersi per ore, intervallate da piccoli motu disabitati. I soliti squali. Un posto incantato.
Davanti alla nostra prua tre motu disposti ad angolo ci proteggono praticamente da Nord, Nord Est, Est, Est Sud Est. Stiamo da favola.
 
Ancoraggio di NE - Raroia
 
Ancoraggio di NE - Raroia
 
Y2K e Meccetroy - Ancoraggio NE - Raroia
 
Quando il giorno seguente il vento molla e le poche nuvole scompaiono, ce ne andiamo a piedi fino alla barriera esterna dell’atollo. Un paesaggio lunare di una bellezza selvaggia. La sera stessa Raroia ci regala uno dei tramonti più incredibili delle Tuamotu.
 
Tramonto spettacolo a Raroia
 
Tramonto spettacolo a Raroia
 
La serata è calma, non c’è ovviamente una luce, le stelle in cielo sembra di poterle toccare con un dito. Gli amici di “Anthea” organizzano un falò sulla spiaggia, ognuno porta qualcosa da mangiare. Una serata in cui siamo davvero in pace con il mondo.
 
Ancoraggio di NE - Raroia
 
I giorni seguenti passano fra escursioni in dinghy ai motu poco distanti, scorrerie fra le dune sabbiose, esplorazioni degli hoa fino alla barriera esterna fra murene, conchiglie bellissime e pesci pappagallo dalle dimensioni inquietanti.
Non mancano i soliti squali, presenza costante, quasi come i cefali nel Mediterraneo.
 
Le dune di sabbia fra gli hoa - Raroia
 
Le dune di sabbia fra gli hoa - Raroia
 
Le dune di sabbia fra gli hoa - Raroia
 
Le dune di sabbia fra gli hoa - Raroia
Il vento continua a rimanere debole e Max fa volare il drone per cogliere dall’alto la bellezza di tutte le sfumature possibili di questo posto.
Quando riguardiamo le immagini riprese sul computer, rimaniamo senza parole. Si vede il fondo del mare, la sabbia, le teste di corallo, gli squali che nuotano, le ombre dei dinghy.
 
Ancoraggio di NE - Raroia
 
Il terzo giorno “Meccetroy” e “Anthea” si spostano vicino al mini villaggio con la speranza di trovare verdura e frutta fresche. Noi non ne abbiamo ancora bisogno, così rimaniamo totalmente da soli. L’ancoraggio è davvero tutto nostro. Non c’è una barca nel raggio di 5 miglia. Non ci sono esseri umani. Soltanto noi e Y2K. Il tempo si mantiene splendido e noi ci godiamo una giornata e la notte seguente in un atmosfera surreale.
Il brontolio delle onde dell’oceano che frangono sulla barriera esterna dell’atollo è l’unico suono che accompagna il nostro sonno.
La luce della luna piena illumina la superficie immobile del mare, si vede il fondo, l’ombra proiettata da Y2K, le teste di corallo e le creature marine notturne.
 
Y2K, Meccetroy e Anthea nell'ancoraggio di NE - Raroia
 
Dinghy e squalo - Raroia
 
Quando viene il momento di lasciare Raroia e questo piccolo angolo paradisiaco, non nascondiamo di avere il magone.
Avevamo letto tanto sulle Tuamotu, visto innumerevoli foto, documentari, speciali e quant’altro. Ma vivere questo arcipelago di persona, osservare con i propri occhi, entrare in una laguna e navigare all’interno di un atollo con la nostra barca è un’altra cosa. Una cosa pazzesca.

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